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Verità e rivoluzione

Come tutti quelli che amano lo sport, credo, in questi anni ho seguito (da molto lontano) la vicenda di Alex Schwazer. Poi, dopo il provvedimento dello scorso 18 febbraio, che ha disposto l’archiviazione delle accuse di doping nei confronti del marciatore, ho avvertito l’esigenza di approfondire. Il fatto di non avere rapporti con le parti in causa (atleta, allenatore, IAAF/WA, WADA, GIP, etc.) – ho pensato – mi permetterà di essere obiettivo. Aggiungendo a questo un’analisi accurata delle carte – mi son detto – arriverò certamente a farmi un’idea solida di “come è andata davvero”, di chi ha ragione e chi torto. E infatti, a una conclusione assoluta sono giunto: ho pensato male e mi son detto il falso. Perché non ho alcuna certezza granitica su “come è andata davvero”, men che mai da condividere in pubblico.

È altamente probabile, aggettivo che in questa storia gioca un ruolo decisivo, che a questo punto abbiate già virtualmente smesso di leggere. “Come?” – siete intitolati a pensare – “ci viene continuamente detto alternativamente, da autorità giudiziaria italiana e istituzioni sportive mondiali, che il complotto c’è/non c’è stato, e che l’unica cosa che conta è se Schwazer deve/non deve andare a Tokyo,  e tu scrivi un papiro per dirci che non sai chi ha ragione? Allora sei il solito cerchiobottista, ciaone”.

Non biasimo chi ragiona così, anzi. Solidarizzo con l’opinione pubblica e con il suo anelare a mettere un punto dopo nove lunghi anni. Se però è solo per quello, ricordo che in questo paese aspettiamo (per ora invano e fiatando poco) ben altri punti da ben più decenni. E proprio per questa tragica attesa, non possiamo accontentarci di semplificazioni e ipotesi. Dobbiamo pretendere la verità, sapendo che quasi sicuramente otterremo solo un suo surrogato. Qui, e là, c’è di mezzo un concetto, quello di dubbio, che non ritengo negoziabile. Purtroppo, molto probabilmente, sarà proprio il dubbio a impedirci di arrivare a questa (e quelle) conclusioni. Capisco perciò bene la tentazione di “vestire” il dubbio da certezza, in un senso o nell’altro. D’altronde, se oggi una questione attrae attenzione è solo perché è rappresentabile in modo duale, e in questo caso nulla appassiona come un bel “Schwazer sì/Schwazer no”.  Come tutte le tentazioni, però, anche questa ha un prezzo. Salato.

L’archiviazione disposta con decreto motivato dal GIP di Bolzano rappresenta un passaggio di questa vicenda, non la sua conclusione. Un passaggio di estrema importanza, che merita un rispetto assoluto. Ricordare che si tratta di un’archiviazione, e non di una sentenza che segue a un dibattimento, non significa sminuirla, bensì valorizzarla. Pur non essendo realisticamente impugnabili , le conclusioni del Dottor Pelino non sono affatto definitive, neppure a livello giurisdizionale. Il giudice bolzanino ritiene infatti che sussistano forti evidenze del fatto che, nel tentativo di impedire l’accertamento del reato di frode sportiva tramite doping, siano stati commessi una serie di altri reati (falso ideologico e frode processuale). Gli autori di questi supposti reati saranno, eventualmente, identificati dal Pubblico Ministero, di cui attendiamo fiduciosi le ulteriori indagini, da vagliarsi infine per decidere se rinviare a giudizio o meno gli indagati.

Le deduzioni del GIP non permettono di concludere con certezza assoluta che Alex Schwazer è stato vittima di un complotto, ma non sono neppure il parere di un osservatore esterno. La stessa ordinanza chiarisce bene il concetto:

L’assenza di una prova diretta, della “pistola fumante”, pacificamente evidenziata nel contradditorio anche dal perito, è indubbia, ma certo tale circostanza non consente di considerare irrilevante o addirittura insussistente, come asserisce la difesa WADA, il quadro di contesto che ha prodotto numerosi, gravi e convergenti elementi indiziari che tale ipotesi sostengono in modo coerente e notevolmente significativo.

Se le cose fossero andate come ricostruisce Pelino, ed è un se a tutti gli effetti, ogni singolo uomo di sport dovrebbe fare tutto quello che è in suo potere per sanare questa intollerabile ingiustizia, ben al di là di far marciare a Tokyo il residente a Calice di Racines. Solo che non siamo ancora (purtroppo!) a questo punto. E dico purtroppo nel senso che permane un senso di incompiuto e di irrisolto, non perché vorrei che trionfasse una delle due ipotesi ancora in piedi. Potrem(m)o infatti avvicinarci a una definizione della verità storica nel senso evocato dal decreto di archiviazione solo dopo un eventuale futuro rinvio a giudizio ed una ancor più eventuale futura condanna definitiva  degli artefici dell’ipotizzato complotto. Una prospettiva che però si misura con altri anni, al plurale. E che prevede la possibilità che emergano invece elementi che vanno in senso contrario, che indurrebbero a inquadrare i fatti in maniera diversa rispetto a quanto prospettato dal Dottor Pelino o, perlomeno, a ritenere infondata/non sufficientemente provata l’ipotesi della manipolazione.

Alla stessa maniera, ogni uomo di sport che voglia definirsi tale non può non sentirsi turbato leggendo quelle 87 pagine,  argomentate sotto il profilo logico, scientifico e, ovviamente, giuridico. Il rigoroso lavoro del GIP identifica infatti in persone ed enti del panorama istituzionale sportivo gli artefici di quel complotto. Lo fa con dovizia di particolari e con reprimende fortissime, invitando un’intera comunità a farsi carico delle responsabilità che le competono. Lo fa sposando praticamente in toto la tesi del collegio difensivo dell’atleta e del suo allenatore Sandro Donati. Rimane interamente possibile che sbagli, e va sottolineato che le prove del complotto si potrebbero vidimare solo al termine di un contraddittorio in dibattimento. Ciò non toglie però che l’asserito dolo da parte di WADA E IAAF nel portare avanti quei comportamenti getti un’ombra insostenibile sulle istituzioni sportive. Fallaci o meno che siano le conclusioni del GIP, e ancor di più nel primo caso, l’intero sistema dei governing bodies dello sport mondiale avrebbe motivo di rappresentare con dovizia di particolari le considerazioni sulla base delle quali si evince che la tesi di Pelino è campata per aria. Rimango quindi perplesso quando World Athletics…

preferisce non commentare la decisione dell’autorità italiane di non perseguire l’atleta per il reato di doping

e quando Sebastian Coe, presidente di WA, dice che…

Aiu e World Athletics non si smuovono dalle posizioni assunte, siamo fermi e risoluti. Solo in Italia continuano a interessarsene. Amo l’Italia, mi ci sono allenato a lungo. Non voglio si metta dalla parte sbagliata e che l’atletica azzurra, per quel che rappresenta, venga contaminata. Spero che la gente capisca: la storia, diversamente, non sarà gentile. Respingiamo con forza qualsiasi tentativo dell’atleta o di chiunque a lui associato di indebolire o annullare la decisione presa dal Tas in base a teorie inverosimili di manipolazione. Noi e Wada ci siamo già difesi con successo da un ricorso alla Corte federale svizzera. Saremo inflessibili ed è un bene sia così: non per questo caso isolato, ma per tutte le giuste cause

Non dissento, attenzione, dalla valutazione del caso di specie, altrimenti verrei meno alla lunga e tediosa premessa. Se parliamo infatti solo di Schwazer, il principio del dubbio permette a tutti (e soprattutto a WADA e WA) di esprimere un convincimento proprio, basato su una lettura dei fatti contraria rispetto al decreto di archiviazione e confermata dal verdetto di Rio. Sono proprio TAS e GIP a ricordarcelo quando sostengono, rispettivamente, che

TAS

The Appellant did not submit a scenario, which “could make plausible a mistaken manipulation” of the 1 January Sample “or a wrongful intervention by a third party who would have been able to contaminate” his sample or substitute it with another with the same identification number without traces

GIP

Per le ragioni sopra evidenziate, il Giudice per le indagini preliminari, alla luce di quanto sopra esposto e dettagliatamente argomentato, ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni d’urina prelevati ad Alex Schwazer l’1.01.2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e, dunque, di ottenere la squalifica ed il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati.

L’enfasi (rappresentata dal grassetto) è dell’autore, ma ambedue le autorità  giungono alla conclusione più plausibile, partendo dalle rispettive, e diversissime, premesse sul concetto di “onere della prova”.

TAS

Appellant has the burden of convincing the Panel that the occurrence of the circumstances on which he relies is more probable than their non-occurrence. Mere ”protestations of innocence” and “speculations” are not sufficient.

GIP

L’imparzialità del giudice, nella fase decisionale, si evidenzia non già nel rimanere equidistante dalle parti, ma appunto nel valutare correttamente le prove e nell’accertare, ove possibile, chi abbia ragione.

È a questo punto che diventa necessario andare oltre Schwazer. Una sentenza sportiva del 2016 che mette l’onere della prova sull’appellante e un provvedimento giudiziario del 2021 che si esprime in scienza e coscienza, possono benissimo non coincidere. E infatti non coincidono. Ambedue sono atti tecnicamente definitivi nel rispettivo contesto, ma sbandierarli come tali in senso sostanziale rispetto alla verità storica dei fatti mi pare precipitoso. Al di là dell’esito delle impugnazioni presso i Tribunali svizzeri e delle nuove indagini richieste dal GIP a Bolzano, c’è un punto insuperabile: se lo sport, inteso nel più ampio senso possibile, vuole uscire più forte da questa vicenda, non puo fermarsi allo stucchevole balletto tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, l’ennesimo finto derby . Altrimenti, (ri)guadagnare la credibilità che l’ordinanza del Dottor Pelino intacca con una forza inusitata rimarrà una chimera per il sistema sportivo. E se mai l’idea dovesse essere quella riassunta dal “calati juncu” di siciliana memoria, non mi parrebbe un glorioso esercizio di responsabilità.

Per questo, chiudersi dentro al fortino non risponde a quella custodia dei valori che, sola, dona senso alle istituzioni sportive. Lo dice uno che, per i motivi espressi nella lunga e tediosa premessa, non ritiene definitive né le conclusioni del GIP nè (a maggior ragione) quelle del TAS-CAS, che sono anche significativamente più datate e non possono contemplare i fatti nuovi emersi in 5 anni presso il Tribunale di Bolzano. Ricordando sempre che qualsiasi giustizia umana si muove nei confini del possibile, non del certo.

A maggior ragione, chi invece ritiene che la qualificata ipotesi del giudice ordinario risponda pienamente alla dinamica degli eventi non può guardare solo alla linea di partenza della 50 km. di Tokyo. Specie se è parte, a qualsiasi titolo, di quel sistema sportivo che viene demolito da quel provvedimento. Se, e ripeto se, il GIP avesse ricostruito correttamente i fatti, prima e al di là di restituire ad Alex Schwazer tutto quello che gli si può ridare (a partire dall’onore) occorrerebbe prendere atto dell’impossibilità di proseguire senza un reset totale dello sport mondiale. Se infatti, ed è ancora un se, i controllori indulgono a frodi dolosi in danno dei controllati, non c’è margine di recuperabilità, bisogna buttar giù tutto. Da questo punto di vista, trovo rilevanti le dichiarazioni alle Iene del Presidente del CONI…

La gente deve sapere una questione: giustizia ordinaria e giustizia sportiva non obbligatoriamente collimano. Quando fu emessa la sentenza del Tas, fu una cosa fatta veramente nel giro di pochissimo tempo, con gli elementi a disposizione. In questo caso, sempre questi giudici hanno la possibilità, cosa che io auspico, di rivisitare quello che è stato un percorso. Alex Schwazer sa benissimo quello che è stato il mio pensiero e la mia vicinanza, dopodiché la partita si gioca tutta sui tavoli del TAS. Noi non abbiamo l’interlocuzione con il TAS, loro sanno perfettamente quello che è il nostro pensiero e il nostro supporto. Ne parlerò sicuramente con la Vezzali.

 … e del neo-presidente della FIDAL.

La conclamata discordanza dei fatti che emerge dalla lettura del decreto di archiviazione rende difficilmente sopportabile la condanna sportiva inflitta ad Alex Schwazer. Io personalmente, affrontata la lettura, ho maturato la convinzione che la vicenda della seconda positività di Schwazer poggi le sue basi su fatti e circostanze prive della doverosa consistenza (sia sul piano giuridico sia, anche, in relazione agli obblighi di gestione sportiva). Certo è che la condanna sportiva per i fatti del 2016, inflitta a un atleta che, pagato il precedente debito sia con l’ordinamento sportivo sia con quello statale, avrebbe inteso riabilitarsi sul campo, è da mettere in discussione.

Sono convinto che Malagò e Mei abbiano ben maggiori elementi di me per valutare la fondatezza dell’ipotesi esplicitata nell’ordinanza di Bolzano e per auspicare, di conseguenza, una revisione del giudizio sportivo. Il Giudice Pelino non si è però limitato a sostenere, corroborandola per via logica, la tesi che le urine siano state manipolate. A puro titolo esemplificativo, e per nulla esaustivo, egli ha messo per iscritto che:

  • In merito all’urina di Schwazer prelevata l’1.01.2016 il laboratorio di Colonia e la IAAF avevano, in più occasioni, dichiarato che l’originario campione B ne conteneva appena 6 ml, dichiarazione rivelatasi, come si illustrerà, gravemente mendace;
  • Si dimostrerà anche, tuttavia, come i dubbi che hanno fermato il Pubblico Ministero a metà del guado siano frutto della produzione di atti falsi e decettivi con cui i consulenti nominati da WADA a contraddittorio già chiuso (e in spregio all’art. 225 c.p.p.) hanno tentato di inficiare i dati emersi dalla perizia;
  • WADA e IAAF, hanno di fatto impedito, lo svolgimento dell’esperimento giudiziale atto a verificare l’ipotesi, del tutto teorica, se l’assunzione di testosterone possa incidere sulla concentrazione del DNA, adducendo (cosa del tutto inverosimile) di non poter disporre delle provette degli atleti senza il consenso degli stessi e (altrettanto inverosimilmente) che quelli risultati dopati con testosterone non erano più di 4 o 5;
  • la precisa volontà di IAAF e WADA di non collaborare nell’indagine contraddice un non meno preciso impegno scritto assunto per conto di WADA dal suo direttore affari legali

Inoltre, lo stesso giudice conclude che…

La Difesa Schwazer ha dedotto sin dall’inizio e più volte ribadito (e la circostanza non è mai stata smentita sicché è da ritenere senz’altro acclarata) che la decisione  di effettuare il controllo a sorpresa era partita il 16.12.2015, cioè, guarda caso, il giorno  in cui Alex Schwazer aveva testimoniato contro i medici della federazione di atletica, FIORELLA e FISCHETTO che avrebbero spinto gli atleti a doparsi. Doping di Stato, dunque, e una testimonianza pericolosa che non solo veniva dall’interno di quel mondo, ma anche da un atleta che aveva scelto come proprio allenatore il paladino dell’antidoping: Sandro Donati. Colpire Schwazer significava, dunque, neutralizzare quella pericolosa testimonianza e al tempo stesso, neutralizzare Sandro Donati, da quel momento allenatore di un dopato. I due medici della federazione erano stati, ciò nonostante, condannati in primo grado e poi assolti in appello, laddove la testimonianza di Schwazer, squalificato per doping per 8 anni dopo una precedente squalifica sempre per doping, non era apparsa credibile e la tesi della manipolazione appariva, allora, inverosimile e, comunque, tutta da dimostrare. La Difesa ha anche evidenziato che l’unico controllo che sia mai stato effettuato nel giorno di capodanno è stato proprio quello a carico di Alex Schwazer ed anche questa è una circostanza singolare che non è mai stata smentita

… e questa parte investe invece un po’ più direttamente le autorità italiane. Detto per completezza che andando a cercare nella sentenza di Appello che assolve Fiorella, Fischetto e Bottiglieri i lemmi “credibile” e “credibilità”, questi sono i tre risultati restituiti…

… e che quindi pare che il giudice di secondo grado ritenga invece credibile la testimonianza di Schwazer (assolvendo gli imputati con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, sulla base di un complesso probatorio giudicato insufficiente a dimostrare il fatto-reato come avvenuto). Ben mi è chiaro che non sono Malagò e/o Mei a dover rispondere di quanto eventualmente commesso da IAAF e WADA, e neppure (ancor più eventualmente) da Fiorella, Fischetto o Bottiglieri, assolti sia in Appello che in ogni sede sportiva. Ciò non toglie però che, nel momento in cui i due dirigenti di CONI e FIDAL asseverano le conclusioni del Dottor Pelino, non possono sfuggire alle gigantesche questioni che ne conseguono. Anche perché se la richiesta di controllo anti-doping fosse davvero partita dall’Italia per i motivi ipotizzati, al di là della rilevanza penale della questione sarebbe utile capire di più.

Comunque, la responsabilità istituzionale delle autorità sportive tutte è verso il concetto stesso di sport. E quindi verso un qualcosa, sebbene astratto, che non dipende in alcun caso solo dall’eventuale partecipazione di Alex Schwazer alle Olimpiadi di Tokyo. Appellarsi alle procedure per respingere a priori l’ipotesi di revisione della squalifica e auspicare la predetta revisione a furor di popolo sono due facce della stessa (insoddisfacente) medaglia. Ormai il vaso di Pandora è stato aperto, e non saranno una difesa autoreferenziale o un cedimento alla supposta volontà popolare a richiuderlo, a meno di non voler rinunciare alla speranza di uno sport migliore.

Esiste un più che ragionevole dubbio che le cose siano andate come racconta Pelino, e poichè questo dubbio vale in ambedue i sensi, faticherei a prendermi la responsabilità di negare le Olimpiadi al marciatore. Non invidio i giudici che dovranno eventualmente esprimersi nel merito, in Italia, Svizzera o Giappone che sia. A loro chiedo solo di guardare ai fatti e alle loro coscienze, perchè il tema della permeabilità dei giudizi alle manifestazioni di opinione delle persone e degli operatori dell’informazione è caldissimo, e non può essere banalizzato, piegato a semplificazioni o, peggio, a eventuali volontà di impunità o giustizia sommaria. Non sarà comunque il verdetto dei giudici sportivi, nell’improbabile caso che essi prendano in esame l’istanza, a dirci se quella che chiamiamo giustizia sportiva vada sostituita da un qualcosa di completamente nuovo. Perchè, semplificando, se Pelino ha ragione, non ci sarebbe altra via che il già citato reset. E se alle conclusioni della giustizia ordinaria, che ha modi, tempi e obiettivi diversi, quella sportiva dovesse opporre solo la sua intollerabile capziosità procedurale e la sua auto-referenzialità, fustigata dall’ordinanza, allora mai fallimento sarebbe stato più conclamato.

Quando ho cominciato a leggere quelle carte e a cercare testimonianze, ho immaginato che mi sarei avventurato in ragionamenti affascinanti su picogrammi e gaussiana, su raggi ultravioletti e millilitri, su acquisizioni informatiche forensi e hacker. E invece non siamo ancora a quel punto, purtroppo. Pur riconoscendo che prima o poi sarà necessario trovare una sintesi (giudiziaria e non) della vicenda, qui c’è ben altro e ben di più. Al gigantesco George Orwell è attribuita la frase “in a time of universal deceit, telling the truth is a revolutionary act”. Mai come in questo difficile periodo questo assunto è stato ri-bombardato da account social di cinque continenti, piegato a esigenze oscurantiste che di orwelliano hanno meno di zero. Nella sua traduzione semplicistica, la frase affermerebbe che “dire la verità è un atto rivoluzionario”. Peccato che Orwell non l’abbia mai scritto. “Ho letto tutte le parole scritte da Orwell e non ho mai incontrato queste” – ha detto Dorian Lynskey, autore dell’apprezzato The Ministry of Truth: The Biography of George Orwell’s 1984. Risulta invece, eccome, che Antonio Gramsci abbia davvero scritto (Democrazia operaia, L’Ordine nuovo) che “arrivare insieme alla verità è compiere azione rivoluzionaria”. Personalmente dubito che si possa arrivare a una completa verità storica sulle urine di Alex Schwazer. Ugualmente, continuare a cercarla insieme (invece di smettere credendo di averla già trovata) non ha mai avuto più senso. Per lui, per quelli (come le istituzioni sportive) che lo devono a loro stessi e, soprattutto, per noi. Perché senza un “noi” non esiste sport.

 

 

 

 

 

 

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One Comment

  1. Salve
    Mi vorrei limitare a controbattere il pezzo relativo alle conclusioni del giudice <> che indicherebbe anche il “movente”, ma che invece contiene numerose falsità per me molto evidenti, e ciò forse dovrebbe far riflette sull’intera validità dell’ordinanza. In fondo poi parlerò in modo più breve del resto.

    1) <> Non si capisce come si possa affermare questo in mancanza di un documento che attesti la questione. Quanto al ragionamento “è vero perché non è smentito”, allora domani andrò ad accusare di pedofilia un morto senza parenti ne amici che tengano al suo ricordo, cosi non potendo essere smentito da nessuno lo farò risultare pedofilo.
    2) <>
    Cominciamo dal “guarda caso” che è banale complottismo che non dovrebbe essere nelle corde di un giudice, occorre ricordare che le stesse dichiarazioni accusatorie che Schwazer ha iniziato a fare a fine novembre 2015 concludendo il 16 dicembre 2015 erano arcinote perché ampiamente diffuse dalla stampa già ad Aprile 2015. Quindi se proprio c’è un complotto si sarebbe potuto organizzare ben prima e non cinematograficamente il giorno della seconda udienza di testimonianza, detto che allo stesso modo si poteva organizzare il complotto già al primo giorno di testimonianza di fine novembre o in un qualsiasi giorno precedente o successivo il 16 dicembre. La stessa testimonianza di Schwazer non contiene chissà quale accusa, ma principalmente sue deduzioni a seguito della lettura degli atti. Particolare però l’accusa su Fiorella a cui rispondo dopo. Infine non risulta in nessuna testimonianza o conclusione processuale o accusa che Fiorella e Fischetto abbiano mai “spinto gli atleti a doparsi”; questa (soprattutto considerando il plurale usato) è una falsità altamente diffamatoria e qualcosa del genere era già apparso in una precedente ordinanza del giudice Pelino. Quindi qui o il giudice è stato superficiale non leggendosi gli atti dei precedenti processi, oppure ha una particolare ed immotivata avversità nei confronti di queste persone

    3) <> Nella precedente indagine Olimpia, per quanto corposa, non esiste alcun elemento che possa minimamente giustificare una accusa di Doping di Stato sia nei confronti di Fiorella e Fischetto sia nei confronti di qualsiasi altra persona in Italia. Le accuse a Fiorella Fischetto e Bottiglieri sono state solo legate ad un presunto favoreggiamento omissivo nei confronti del solo Schwazer , quindi mai al plurale; mai nessuna accusa, mancandone totalmente gli elementi, è stata potuta fare in merito a cessioni di sostanze dopanti o somministrazioni o ad inviti a doparsi tramite un sistema interno alla federazione. Quindi doping di stato de che? Non si sarebbe trattato di doping di stato neanche in caso di condanna di Fiorella Fischetto e Bottiglieri. La testimonianza di Schwazer contro i medici è sempre stata legata ad un fatto: voleva lo sconto di pena da parte della giustizia sportiva. Le stesse dichiarazioni fatte alla giustizia sportiva sono state ritenute non credibili ed infatti lo sconto nel settembre 2015 non lo ottenne. Forse occorrerebbe citare come la Procura Antidoping descrisse allora Schwazer “l’Atleta non afferma alcunché di sostanziale” e “l’Atleta è stato uno dei pochissimi atleti a commettere un numero così elevato di violazioni della normativa antidoping, e sta scontando una sanzione comunque inferiore rispetto a quello che le NSA 2015 imporrebbero oggi di infliggere per la sola positività intenzionale” e ancora “sia la Procura della Repubblica di Bolzano che l’UPA ritengono che l’Atleta non abbia compiutamente detto tutta la verità e che restano forti zone d’ombra su cui l’Atleta, pur più volte sollecitato, non ha reso i doverosi e necessari chiarimenti;” e infine “ le dichiarazioni ad intermittenza rese dal medesimo, che è stato ascoltato dall’UPA ben tre volte, e le contrastanti dichiarazioni, sono emblematiche e si commentano da sole.”. Infine in merito alla impalpabile “pericolosità” della testimonianza si conclude di conseguenza che non c’era nulla da neutralizzare in qualsiasi caso.

    4) <>
    Un giudice che scrive che “cio nonostante” Fiorella e Fischetto erano stati condannati e poi assolti, evidentemente (non si sa per quale ragione) li ritiene colpevoli di non si capisce cosa, e lo fa anche ingiustamente. Anche in questo caso il giudice o è stato superficiale non leggendosi gli atti dei precedenti processi, oppure ha una particolare ed immotivata avversità nei confronti di queste persone. Non è poi vero che i medici sono stati assolti perché la testimonianza non è stata ritenuta credibile a causa della seconda squalifica. Le motivazioni dell’assoluzione di Fiorella, Fischetto e Bottiglieri non parla affatto di questo.
    5) <> Non si capisce come si possa affermare questo in mancanza di un documento che attesti la questione degli zero controlli il 1 dell’anno, ed evito di rifare il ragionamento provocatorio del morto accusato di pedofilia. Premesso che:
    – gli atleti di tutto il mondo e di tutti gli sport che aderiscono al codice WADA sanno perfettamente che possono essere controllati 24/24 e 356gg all’anno
    – ci sono al mondo numerosissimi controlli antidoping (a sorpresa ed in competizione) che sono risultati negativi e di cui ovviamente non sapremo mai la data esatta visto che non corrispondono ad alcuna violazione antidoping e giustamente non esistono documenti pubblici che ci facciano vedere in quali specifici giorni dell’anno sono stati effettuati
    – anche se in un giorno, che sia il 1 gennaio o un altro qualsiasi giorno, fosse stato condotto un solo controllo antidoping nell’intero mondo , ciò non proverebbe alcun complotto
    Comunico che il giudice oltre a scrivere una enorme cazzata scrive anche il falso, perché esistono altri controlli antidoping risultati positivi (per questo ne sappiamo l’esatta esistenza) che sono stati svolti il 1 gennaio nei diversi anni o anche il 31 dicembre o il 25 dicembre o il 6 gennaio o il 1 maggio. Più che elencare i casi specifici di sciatori o atleti vale la pena di citare un caso particolare. il 1 gennaio 2014 ad esempio, è stato testato e trovato positivo un atleta molto particolare, ovvero un cavallo da corsa di una scuderia di Firenze.

    Quanto al resto delle cose scritte nell’intero articolo, rispetto le opinioni personali ma faccio notare che nella ricostruzione è stato omesso il fatto che i medici Fiorella e Fischetto sono stati assolti da tre tribunali diversi, ordinario, FMSI e Tribunale naz antidoping, mentre Bottiglieri solo due assoluzioni non essendo tesserata FMSI. E’ errato inoltre parlare della la loro assoluzione penale per “mancanza di prove”, visto che la formula usata è “non può considerarsi provato al di la di ogni ragionevole dubbio”, che è una cosa ben diversa. Soprattutto nel caso di Fiorella, l’accusa di Schwazer che afferma di avergli detto dell’EPO, seppur credibile (non dice mica di aver cavalcato con lui un unicorno) non è provabile e potrebbe essere comunque una menzogna (come dire la mia parola contro la tua). Se Schwazer gli avesse detto della tenda ipossica (cosa sostenuta da Fiorella) o di GH o di iniezioni di semplice ferro sarebbe sempre lo stesso ragionamento; e questa la dice tutta sull’irrilevanza delle accuse di Schwazer che come ho già detto prima, si sono basate sulla rilettura totale degli atti a seguito del suo patteggiamento, ma soprattutto all’”aiuto” che Sandro Donati gli ha dato nella stesura della sua memoria di confessione (cosa confermata dallo stesso Schwazer in tribunale). Quindi aiuto o suggerimento delle accuse su cui puntare? Questa cosa dovrebbe portare ad una onesta riflessione e ad un ragionamento più ampio di qualsiasi giornalista che si occupa della questione . Fischetto è stato assolto e si è capito che lui da uomo dell’antidoping IAAF ha agito più che correttamente, attivando appunto i controlli su Schwazer al primo sospetto, ma questa cosa non è stata specificata nell’articolo. La Bottiglieri è stata assolta perché si è capito che era estranea ai fatti ed in ogni caso non avrebbe potuto fare nulla di concreto per attivare controlli antidoping aggiuntivi da parte del CONI su Schwazer.

    Per cui io senza la pretesa di convincere alcuno ne tantomeno di indirizzare il giudizio personale altrui, mi oppongo ad ogni approccio giornalistico superficiale o incompleto o complottistico che sta danneggiando il mio sport (la marcia), e la critica è più rivolta ad altri che a questo specifico articolo che fa delle valutazioni rispettabili che però non condivido affatto. Ogni giornalista prima di parlare di questa vicenda dovrebbe prima di tutto capire cos’è il doping, come si fa, quali sono le tecniche per non farsi scoprire e quali sono le tecniche dell’antidoping per smascherare gli imbroglioni. Ma dovrebbe approfondire tutto per bene
    perché i giornalisti che si occupano male della questione Schwazer (non so più neanche dove stanno quei pochi che se ne occupano bene) magari per un giorno o per anni consecutivi, poi se ne andranno via a parlare d’altro, mentre io sono parte di questo sport a 360° e oltre a difenderlo dal doping e da impostori vari, dovrò in futuro fare i conti con i danni irreparabili che ha fatto e che fa ancora la mala informazione che alimenta questa patetica e vergognosa telenovela. Sarò io assieme ad altri uomini dello sport marcia ad avere a che fare con le nuove generazioni di atleti che per colpa del giornalismo che appoggia Schwazer, avranno come eroe non il migliore atleta ma uno dei peggiori in assoluto.

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