Di ogni nostra conoscenza deve dirsi ch’essa è non fallace o impossibile, ma sempre, necessariamente, superficiale. Il dubbio si esprime così :«sarà davvero vero?». Così, l’etica del dubbio non è contro la verità, ma contro la verità dogmatica.
GUSTAVO ZAGREBELSKY, da “Contro l’etica della verità” (Laterza)
Dopo un’intera giornata passata a cercare di capire qualcosa, sommerso dall’alluvione “informativa” di sensazionali avvenimenti, deportazioni, carcerazioni, lotte per un mondo più libero, conferenze stampa e indiscrezioni, ritengo ancora aperti due fronti importanti sulla vicenda Djokovic.
1) Un’esenzione è stata concessa dallo Stato di Victoria, ed è stata ritenuta sufficiente dalla compagnia aerea e dalle autorità di Dubai per far partire il tennista alla volta di Melbourne. Dalla conferenza stampa del PM Morrison (riportata per intero al link) apprendiamo che le autorità del Victoria e Tennis Australia non hanno tenuto conto del fatto che per il governo centrale (del Commonwealth) aver contratto il virus senza aver fatto 2 dosi significava non essere fully vaccinated. E, quindi, non poter passare la frontiera.
There were inquiries being made about whether quarantining was going to be waived and to my knowledge I still don’t know whether the Victorian government were proposing to waive quarantining, I am not making any comment on that. That was not the basis of any decision taken. People must be fully vaccinated as defined by Atagi to gain quarantine-free entry into Australia. That means people who do not meet the definition will not be approved for quarantine-free entry. In relation to the specific questions raised by Tennis Australia, this is from the minister for health, I can confirm that people who have contracted Covid-19 in the past six months and seek to enter Australia and have not received two doses of a TGA approved or recognised vaccine are not considered fully vaccinated. That was the clear advice given by the minister for health to Tennis Australia and that letter is dated at the end of November of last year. So this is why I make the point to travellers, whatever people might tell you, what matters is what you are responsible for when you arrive at the border.
Morrison, alle prese con un momento non facile dal punto di vista politico ed epidemiologico, evince da tutto questo che l’onere della prova ricade sui viaggiatori (enfasi dell’estensore del post):
It is on THEM to have the proof to show why THEY would not have to be vaccinated. He was unable to furnish that proof to Border Force officers at the airport last night and they are the rules and it happens on many occasions and that is what has now happened.
Un conflitto tra poteri dello Stato e/o pezzi della complessa macchina organizzativa, di questi tempi, è cosa comune. Ancora di più in un paese così complesso e decentrato come l’Australia. Una cosa però è dire che l’espulsione è perfettamente legittima, censurando le autorità del Victoria e Tennis Australia. Un’altra è dire che Djokovic, prima di partire, avrebbe dovuto convocare una conferenza stampa per spiegare (???) come aveva ottenuto l’esenzione. Morrison, se non sbaglio, non ha affatto sostenuto che quell’esenzione sia stata ottenuta in maniera fraudolenta, ma solo che chi l’ha emessa non ha tenuto nel dovuto conto regole che, ad avviso del PM, sono sovraordinate. Ora, riesce difficile immaginare come avrebbe potuto/dovuto Djokovic conoscere la disciplina dei conflitti di attribuzione del diritto australiano meglio delle autorità di quel paese. Forse sarebbe meglio dire: noi opinione pubblica (e media purtroppo) abbiamo considerato un post di Djokovic, che voleva anche (se non soprattutto) provocare, come una notizia. E invece di verificare mille volte come stavano le cose (o almeno aspettare che entrasse in Australia) siamo partiti lancia in resta gridando allo scandalo. Abbiamo concluso che quel post dimostrava inconfutabilmente un accordo tra poteri forti australiani e clan di Djokovic, atto a salvare gli AO (in crisi finanziaria). Dopo che in poche ore i fatti, sotto forma di respingimento, hanno sbriciolato questa ipotesi (che veniva presentata come un fatto certo), adesso concludiamo che l’Australia è un grande paese e Djokovic «doveva spiegare prima». Mi permetterete di rimanere dubbioso sulla consistenza logica di questa linea di pensiero.
2) Strettamente connesso al primo, c’è l’assunto che si riassume così: «non esiste diritto alla privacy per i personaggi pubblici su questioni di interesse generale». L’assunto viene utilizzato per rinforzare la censura a Djokovic per non aver convocato la famigerata conferenza stampa, spiegandoci perché voleva entrare in Australia senza essersi vaccinato. Ribadisco che l’asserzione virgolettata, se decontestualizzata, rappresenta un immenso pericolo per l’umanità. Capisco bene che essa vada letta come «visto il pregresso di Djokovic, avrebbe fatto meglio a spiegare trasparentemente il processo che lo ha portato a ottenere (non richiedere!) l’esenzione prima di partire». Spero però che non sfuggano l’iperbolica distanza tra le due frasi e gli eventuali pericoli di eventuali sovrapposizioni. Certo, come tutti i diritti la privacy è rinunciabile da parte del detentore. Imporre però la rinuncia ad alcuni animali della fattoria perché ricchi, conosciuti o per altre condizioni personali è una strada senza ritorno, che non si può condividere. Ce lo dice anche Morrison, quando afferma che:
It is not appropriate for me to go into Mr Djokovic’s own medical history. That would not be a fair thing for us to do. They are matters for him to discuss in terms of his own medical history. But what I, all I can say is that the evidence for medical exemption that was provided was found to be insufficient.
In fin dei conti, se riavvolgiamo il nastro, tutto comincia con il post di Djokovic. Cito ancora Morrison:
When you get people making public statements, of what they say they have and what they are going to do and what their claims are, they draw significant attention to themselves – whether they are a celebrity, a politician, a tennis player, a journalist, whoever does that – they can expect to be asked questions more than others before you.That is how Border Force works. They are not singled out at all.
Mi pare di poter concludere che il premier australiano lasci aperta la possibilità di una gestione non perfetta della questione. Capisco bene la differenza tra “draw attention” e “single out”, ma è molto importante sottolineare che l’esenzione era ritenuta valida dallo Stato di Victoria. Se il Commonwealth si è accorto che così non fosse solo per l’attenzione attirata dal post di Djokovic, non possiamo omettere una censura per l’intero processo, pur rallegrandoci del fatto che il post ha avuto almeno una conseguenza positiva (considerando la decisione della Borders Force come corretta, fino a eventuali smentite). Un cittadino a cui sia detto “puoi partire” che scopre all’arrivo che non aveva titolo per farlo non è un cittadino verso il quale le autorità abbiano mantenuto un comportamento ideale. Il respingimento è legittimo, ma le sue modalità (acclarato che non ci sono state false attestazioni) si prestano a critiche costruttive. Ripeto che né Djokovic, fino a prova contraria, né i cittadini che non sono personaggi pubblici possono conoscere la corrispondenza tra Commonwealth e Victoria/Tennis Australia.
Ora si attendono gli sviluppi. Il ricorso preannunciato da Djokovic non può essere vissuto come una guerra (tutt’altro che santa). Si tratta semplicemente dell’esercizio di un diritto da parte di una persona e dell’esercizio di poteri e responsabilità da parte delle autorità competenti. Il suo possibile accoglimento, nonostante prevedibili torrenti di post inneggianti e insultanti, non rappresenterebbe la prova e la dimostrazione di alcunchè, proprio come l’eventuale respinta. Sarebbe ora di riportare tutto alla fisiologia, senza cadere nella tentazione di rispondere a chi fa strumentali operazioni di comunicazione con operazioni di contro-comunicazione, nella speranza di vincere. Di spin-doctor, a un certo punto, si muore. Meglio i fatti, il rigore, l’approfondimento.
Rimarcare questi elementi, una parte infinitesimale di una vicenda che ha ancora molti angoli bui, non è un puntiglio intellettualoide. È, io credo, la pre-condizione per evitare che domani un altro post di chicchessia guidi media, opinione pubblica, forze doganali e governi nella lettura, sballata e irrazionale, del mondo. Se non recuperiamo un po’ di sanità su questo e non usiamo qualche cautela in più, rischiamo grosso. E ingrossiamo le file di chi su quella irrazionalità lucra soldi, consenso e cose ancor più terribili. Senza contare che in questa vicenda i delicati momenti socio-politici di Australia e Serbia, la presenza di rifugiati proprio nell’hotel occupato da Djokovic e l’enorme questione delle risposte da dare al COVID-19 si intersecano ripetutamente ai fatti, offuscandone la nitidezza. Immagino che nei prossimi giorni sentiremo anche la voce di Djokovic. Avvalendomi della facoltà di non commentare i paterni post (e dagli…), credo che la cosa migliore da fare per chi non condivide i suoi comportamenti, come me, sia quella di ascoltare, verificare, contestare i punti dubbi e sintetizzare la critica. Con decisa calma e gentile forza, senza sconti e senza acrimonia. Lo dobbiamo a noi, non a lui.