Due possessi, due tiri forzati sbagliati dal generoso protagonista della gara, Bulleri a Sofia e Poeta a Torino. Sono quelli che fanno il risultato, non la morale. Spiegano in primis che la differenza tra arrivare secondi e terzi nel gruppo non è esattamente quella tra giorno e notte. Ma anche (soprattutto) che se arrivi due volte all’ultimo tiro con la Bulgaria, con massimo rispetto per la squadra di Gershon e per la nostra, proprio pronto per fare grandi cose non sei. E infatti questa squadra ha giocato male, sempre. Qualche volta con più intensità e qualche volta un po’ molle. Ma sempre legata, con il tarlo della sconfitta nella testa, con i colpevoli già pronti in frigo da scongelare all’istante. E con poche idee.
Colpa di Belinelli e Bargnani, ingrati traditori. Di Mancinelli che non c’è mai quando serve. Colpa degli stranieri che levano spazio in campionato. Del coach bollito e della FIP che pensa alle elezioni e non alla squadra. E’ così chiaro, lo dicono tutti (o almeno lo pensano).
Ma no che non è così. Non è colpa di uno solo, non è colpa di chi non c’era, non è colpa di intrighi internazionali. E’ un risultato tecnico di enorme modestia, con buona pace degli indubbi miglioramenti delle squadre che un tempo si definivano “materasso”. Quello prodotto dalla volontà senza lucidità (vedi quei due possessi smozzicati) di un gruppo arrivato al suo massimo già ad Atene. Che non ha potuto/saputo effettuare il ricambio generazionale. Bargnani e Belinelli sono usciti traumatizzati dall’ 1-2 Madrid-NBA, doppiato ora al bersaglio grosso dalle badilate di guano che più o meno esplicitamente gli vengono e verranno rovesciate addosso. Hanno fatto una scelta, figlia delle pressioni di Raptors e Warriors e di una sintonia non perfetta con l’azzurro (colpa loro, tanta, ma non bastava per bollarli così presto). Hanno pensato, come tutti noi, che tanto per battere Bulgaria, Finlandia ed Ungheria sarebbero bastati gli altri. Ma la schiena di Gallinari ha disposto altrimenti, e gli altri non sono bastati. Spiace, e molto. Da qui a crocifiggere B & B ce ne passa, han fatto una scelta professionale di cui sono responsabili in toto, al lordo di onori ed oneri.
Il coach non è più o meno bollito di prima, ogni medaglia (anche quelle d’argento e di bronzo) ha due facce, ed ogni metodo prima o poi mostra la corda. Credo che non sia il tipo di gruppo con cui dà il meglio, ma è successo in Nazionale a coach enormi come Gamba. Messina e Tanjevic prima di lui. Mancinelli (come Bargnani, come Belinelli) paga soprattutto la disabitudine a competere per soldi, minuti, tiri, spazi. E cosa proponiamo allora ? Leviamo uno straniero forte, mettiamone uno debole, così gli italiani avranno più spazio. Avanti, ditemi che non è pazzesco deprimere volontariamente il livello della serie A e giocare col 3+3 e altre fumisterie del genere.
E’ beffardo, lo stesso meccanismo che ha sempre avuto una giustificazione per i dioscuri in Fortitudo si rivale con gli interessi quando la maglia da blu diventa azzurra. Così oggi la colpa è di Mancinelli e Belinelli, basta col negazionismo, avanti con la gogna. Eppure nel 06-07 i due hanno giocato un totale combinato di quasi 56 minuti per gara (pochi ?) in una squadra che ha chiuso la stagione 13-21 (13° posto) triturando 4 coach e altri 16 giocatori (solo grazie al provvidenziale limite di lorbekiana memoria). Dargli dei bambocci viziati strapagati quando le cose vanno male ha lo stesso senso di ritenerli infallibili e permettergli di scaricare le colpe su allenatori, stranieri, ambiente e media. E’ la comunità del basket italiano nel suo complesso che non funziona. Non forma giocatori e uomini, quindi non forma squadre. Non fa movimento perché non ha le competenze, la pazienza, l’amore e la volontà per farlo. Perché gioca sempre “contro” qualcuno e mai “per” qualcosa (che non siano vantaggi personali immediati). Perché la componente politica, nel senso deteriore del termine, è ormai inarrestabile nel suo debordare. E per accorgersene non bisogna aspettare di vedere se due tiri allo scadere contro la Bulgaria vanno dentro o fuori.
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