Avvertenza: quanto state per leggere rappresenta il pensiero personale di un privato cittadino, incuriosito e interessato da una vicenda che, ad avviso del predetto cittadino, è centrale nel dibattito pubblico su un argomento, lo sport, che a quel cittadino molto importa. Quel cittadino, cioè il sottoscritto, vive in quest’epoca, cioè quella dell’hic et nunc. Il giorno dopo, nella società dell’immediato, non conta un fico secco. È sempre tutto già chiaro il giorno stesso, lo schema è fisso. Ci sono sempre e solo due squadre, perché la rappresentazione deve ricalcare una partita. Una squadra vince e l’altra perde, non si può pareggiare. Figuriamoci poi se di mezzo c’è lo sport.
Dall’aprile del 2021 la questione della cosiddetta (e al momento inesistente) “Superlega” viene trattata così. UEFA vs. ESL, si tratta solo di stabilire chi vince. Anzi, dopo le prime ore, Juve-Barcellona-Real contro resto del mondo. Una partita ghiotta, con schieramenti che sono definiti perché obbligati. Che ti piaccia o meno, se fai un’osservazione qualsiasi sei au-to-ma-ti-ca-men-te infilato in uno dei due contenitori, e stacce. Cosa viene sacrificato sull’altare di questa logica imperante? Solo la genuinità del dibattito pubblico e della formazione delle opinioni, nulla di che.
Un esempio di questa tragedia socio-culturale-informativa è quanto seguito alla pubblicazione, nella giornata di ieri, del parere dell’avvocato generale della UE Athanasios Rantos sulla causa C-333/21, nella quale la ricorrente chiede che si dichiari che le resistenti, opponendosi all’organizzazione della Superlega europea, conducono pratiche concordate e abusano della loro posizione dominante. La ricorrente chiede inoltre che siano adottate misure cautelari atte a consentire l’organizzazione e lo sviluppo della Superlega europea stessa. Il giudice del rinvio, il Tribunale di commercio n° 17 di Madrid, aveva investito della questione la Corte di Giustizia in data 11 maggio 2021.
Scrivo che ESL, la ricorrente, “chiede” e non “chiedeva” delle cose, perché non di decisione, ma di parere si tratta. Tanto è così che in calce al comunicato stampa è riportata la seguente dicitura:
IMPORTANTE: Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva.
IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
Anche se «importante» è in grassetto, la modalità con cui è stato caricato di significato il 15 dicembre come giorno del Giudizio (???) e quelle con cui è stato comunicato l’“esito” (???) non lasciano alcun dubbio: UEFA batte ESL con punteggio rotondo e la elimina, il resto è tempo perso. «Il pubblico ha fretta, è distratto e non gli si può dare troppo» – spiegheranno quelli che dopo un minuto avevano già registrato il punteggio della contesa per dedicarsi al “commento”, che di solito consiste nel festeggiare la “vittoria” e dileggiare gli “sconfitti”, che devono starci e/o rosicare.
Data la premessa, mi rendo conto di quanto possa essere velleitario riflettere sulla questione, eppure non riesco a resistere all’impulso di farlo, almeno per punti (che saranno meno dei 187 del parere…).
- La prima tentazione è quella di “dare il voto” a Rantos. Con buona pace di Oscar Wilde, l’unico modo di liberarsi di una tentazione è non cedervi. Il parere è bene argomentato dal punto di vista giuridico, e come tutti i testi di questo ambito si esprime solo e soltanto rispetto alle domande poste dalla ricorrente.
- Le domande in questione riguardano la possibilità di ESL di entrare nel mercato delle competizioni europee per club di alto livello senza vedere i propri diritti lesi da UEFA in virtù di una posizione di quest’ultima che, a parere di ESL, è dominante, e quindi contraria ai principi del diritto comunitario della concorrenza.
- Rantos ha espresso un parere sulla possibilità astratta che la posizione di UEFA, di per sé, precluda creazione e sviluppo di una manifestazione alternativa o concorrente. «Di per sé», non a caso, è una delle locuzioni più utilizzate dall’estensore del parere non vincolante, che più volte si sofferma sul concetto che senza passare dalla teoria alla pratica, cosa che la per ora fantomatica Superlega non ha fatto, è impossibile stabilire se i diritti di ESL verranno o meno lesi. Potenzialmente, si riconosce, quei diritti possono anche essere lesi, ma non ricorrono, ad avviso di Rantos, motivi per stabilire che siano già stati lesi. Dipenderà, se capisco bene, da come UEFA deciderà di agire se verrà effettivamente posta di fronte a una nuova competizione. In questo (futuro) caso, si tratterà di vedere se le azioni di UEFA saranno legalmente legittime o meno (unduly). Si vedano al riguardo i seguenti passaggi del testo (corsivo dell’autore).
It should, however, be observed, at the outset, that it is clear from the case-law of the Court cited in point 46 of this Opinion that the mere factthat the same entity performs the duties both of regulator and of organiser of sporting competitions does not entail, in itself, an infringement of EU competition law. (25) Furthermore, it follows from that case-law that the main obligation on a sports federation in UEFA’s position is to ensure that third parties are not unduly denied access to the market to the point that competition on that market is thereby distorted.
It follows that sports federations may, subject to certain conditions, refuse third parties access to the market, without this constituting an infringement of Articles 101 and 102 TFEU, provided that that refusal is justified by legitimate objectives and that the steps taken by those federations are proportionate to those objectives.
In that context, the ‘special responsibility’ borne by FIFA and UEFA, for the purpose of Article 102 TFEU, lies specifically in their obligation to ensure, when examining requests for authorisation of a new competition, that third parties are not unduly denied access to the market.
I would point out, in the first place, that the mere fact that a sports federation performs the tasks both of regulator and of organiser of sporting competitions does not entail in itself an infringement of EU competition law. […] It is thus clear from the case-law of the Court recalled in points 45 and 46 of this Opinion that, in order to prevent potential conflicts of interests, a federation can also establish an approval procedure for third-party competitions by identifying pre-defined approval criteria in an objective and non-discriminatory manner.
- Il parere riconosce pacificamente che FIFA e UEFA, le resistenti, sono società svizzere di diritto privato, che si trovano nella condizione di essere regolatori e organizzatori di eventi con importante valenza economica. Il doppio ruolo, lamentato da ESL, a parere di Rantos rappresenterebbe un problema solo nel momento in cui i diritti e le libertà economiche e commerciali di ESL venissero lesi da questo particolare status, che è giustificato nell’opinione dell’avvocato greco dal perseguimento di legittime finalità. In estrema sintesi: la Superlega si può fare, e la possibilità di farla non è, al momento, impedita in tutto o in parte dai comportamenti di UEFA. Se peraltro si volesse rinvenire nel parere una possibile indicazione sulla mera fattibilità del “progetto”, questi sono, a titolo indicativo e per nulla esaustivo, alcuni passaggi che riguardano la (retorica) domanda «si può fare la Superlega?» (corsivo dell’autore).
It should also be observed that the ‘European Sports Model’ is not static. European sports structures and their mode of governance often evolve under the influence of other models established outside Europe. Given the diversity of European sports structures, it would thus be difficult to define in detail a single and unified model for the organisation of sport in Europe. However, the emergence of various sports models in Europe cannot call into question the principles set out in Article 165 TFEU or require the adoption of reciprocal arrangements intended to ‘standardise’ the various models that coexist, let alone to remove ‘structures based on voluntary activity’.
It follows from long-established and settled case-law of the Court that, notwithstanding the fact that its specific nature has been underlined, sport is subject to EU law, and in particular to the provisions of the Treaty related to the economic law of the European Union, to the extent that it constitutes an economic activity.
Furthermore, a restriction of competition could, in principle, be established (with the necessary degree of certainty) only in so far as prior approval were in fact to prove to be objectively necessary for the creation of an alternative competition, like the ESL. However, it would appear, in the present case, that, from a (purely) legal perspective, such approval is not essential, and therefore any independent competition, outside the UEFA and FIFA ecosystem, can be created freely and without UEFA’s intervention.
Unlike the situation at issue in the case which gave rise to the judgment in MOTOE, neither FIFA nor UEFA is a public entity or has any special or exclusive right which would mean that an undertaking planning to organise an international or European football competition would absolutely have to obtain the approval of one or other of those bodies.
The disciplinary power enjoyed by a sports federation can be exercised only within ‘the limits of its jurisdiction’, which – in turn – depends on its recognition by the clubs and players affiliated to it that, initially, gave their voluntary agreement to be subject to its rules and, therefore, to its control. However, if those clubs and players decide to ‘break away’ from that federation by creating and participating in a new independent competition, the risk of sanctions being imposed may no longer have any deterrent effect in their regard.
Without an ex ante control mechanism, it would be virtually impossible for UEFA or FIFA to ensure that the objectives pursued are achieved. It should be noted, in this regard, that the fact that other sporting disciplines operate on the basis of different ‘sports models’ under which, for example, the organisation of independent competitions is not subject to the prior approval of the regulatory body of the sport in question does not call into question the inherence of the prior approval scheme established by UEFA (which can, moreover, also be found in other sporting disciplines). As stated in point 32 of this Opinion, the ‘European Sports Model’ does not exclude the possibility of other sporting disciplines being organised differently.
As regards, first, the prior approval requirement, it is clear that such approval is not necessary in order for a third party, ESLC for example, to organise a new football competition. As has been stated in point 75 of this Opinion, there is no legal obstacle capable of preventing the clubs participating in the ESLC initiative from setting up and organising freely their own competition, outside the UEFA and FIFA ecosystem. The approval of those federations is thus required only in so far as the clubs participating in the ESL wish to remain affiliated to UEFA and to continue to participate in the football competitions organised by it.
Secondly, the creation of a league such as the ESL does not require reproduction of the existing UEFA infrastructure together with the associated obligations. Nothing requires the organisers of a new independent competition to base their project on an organisational model similar to that of UEFA and of FIFA.
Articles 67 and 68 of the FIFA Statutes state that FIFA claims exclusive original ownership of the rights arising from the competitions coming under UEFA’s ‘jurisdiction’. It should be observed that the fact that that term is not defined in the FIFA Statutes leads to some confusion, as is shown by the differing views of ESLC, on the one hand, and FIFA and UEFA, on the other. Thus, ESLC supports a literal (and relatively broad) interpretation of the term ‘jurisdiction’, claiming that it refers to the complete (and exclusive) appropriation of the football rights in respect of all the competitions which, geographically, take place on the continent of Europe. By contrast, FIFA and UEFA argue, in essence, that the reference to the term ‘jurisdiction’ has a legal and not a geographic meaning, in that it covers only competitions authorised by FIFA and UEFA in Europe
In the second place, while Articles 67 and 68 of the FIFA Statutes do contain ambiguous wording capable of being interpreted as also covering football competitions organised by third parties in Europe, it is my view that those provisions cannot be understood as requiring, by means of mandatory transfer, an expropriation of those rights to the benefit of UEFA where those rights arise from a third-party competition without any connection to that federation. To my mind, those provisions can concern only the commercial rights arising from the competitions organised under the aegis of UEFA, and therefore any independent competition set up outside the UEFA ecosystem could not be subject to those rules. Moreover, a private body could under no circumstances regulate, on the basis of its own rules, the conduct of other private bodies that are independent of it. The organisers of such a competition would be free, in principle, to exploit the rights arising from that competition as they wish without any intervention from UEFA.
- Il motivo per cui Rantos ritiene legittime le minacce di sanzioni da parte di UEFA nei confronti dei club, a patto che siano inerenti e proporzionate, sta nella protezione del cosiddetto “modello europeo”. Pilastri di questo modello, che ad avviso di Rantos è particolarmente importante da preservare nella prospettiva di UEFA, sono la promozione di competizioni aperte, accessibili a tutti grazie a un sistema trasparente di promozioni e retrocessioni che mantiene il competitive balance (equilibrio competitivo), il rispetto del merito sportivo e il regime di solidarietà finanziaria che ridistribuisce parte delle entrate del livello d’elite a favore dei livelli più bassi.
Passando dalla lettura alle osservazioni critiche, la prima cosa da tenere a mente è il contesto e le ragioni per cui questo parere è stato formulato. Dare a Rantos il compito di dirci, a mò di novello Commodo, se per la Superlega (o per UEFA) il pollice è alto o verso è quasi comico. Se qualcuno davvero poteva pensare che, alla luce dei numerosi testi UE che sanciscono il valore sociale ed educativo dello sport declinato secondo il modello piramidale europeo, in questa sede quel modello potesse essere sconfessato, temo che quel qualcuno non viva nel mondo legale, e forse neppure in quello reale. Sostenere però, sulla base di questi scontati assunti, che il parere «giustifica e legittima il monopolio UEFA» è una clamorosa distorsione. Identica e speculare distorsione è sostenere che sia stata certificata una posizione di monopolio UEFA, come in maniera quasi ossimorica fa A22. Rantos dice che lo sport è un’attività economica, e accampare il suo lato sportivo come spiegazione di tutto non è possibile, perché lo sport è soggetto sì all’articolo 165, ma anche al 101 e 102 del TFUE. Dice che FIFA e UEFA sono enti di diritto privato svizzeri. Che la loro giurisdizione non copre affatto l’universo mondo e tutta Europa. Che nulla vieta di fare una competizione alternativa. Ciò detto, ritiene che UEFA abbia il diritto, forse quasi il dovere per certi versi, di dire a chi vuole organizzare questa manifestazione alternativa/concorrente che farlo sarà causa di possibili sanzioni, che dovranno però essere proporzionate e inerenti. E, a suo avviso, non potranno riguardare i giocatori (molto interessante).
La mia opinione, che conta poco, è che il modello europeo non garantisca affatto merito, solidarietà e apertura delle competizioni di per sé. Credo invece che questi siano dogmi, smentiti dalla realtà e agitati come spettri da chi ha un interesse legittimo a difendere quelli che indica come principi quasi “naturali” (io invece non li ritengo tali a prescindere, per cui parlo di “interessi legittimi”). Per evitare equivoci: anche io sono per competizioni aperte e basate sul merito, in astratto. Nel caso di competizioni di alto livello, però, l’omogeneità delle partecipanti a garanzia dell’equilibrio competitivo (concetto che Rantos sottolinea più volte) fa sì che, in assenza di correttivi, per i meccanismi di mercato si creino situazioni di oggettiva discrepanza tra le dimensioni economiche, patrimoniali e finanziarie dei soggetti. Omogeneizzare questi soggetti, sì come fanno quei pazzi di americani, significa garantire efficienza a quei mercati, con ricadute positive sul sistema. Certo, fare questo comporta il sacrificio di una parte di abitudini e di una parte di valori, ma i trade-off sono il pane quotidiano dell’impresa, e fare una scelta inefficace contraddice la funzione sociale delle aziende, riconosciuta e affermata a lettere cubitali dal diritto UE. Mantenere in vita quelle macroscopiche differenze, che peraltro causano enormi distorsioni economiche (vedi cronaca), è certamente poco sensato. E forse, anche molto ipocrita.
Come dall’esposizione di Rantos si possa concludere che «la Superlega è morta» proprio non lo so. Intanto non è mai nata, e non si capisce biologicamente come sarebbe possibile far morire una cosa non nata. E poi non si capisce che cosa, più di questo, avrebbe potuto scrivere Rantos per affermare che chi vuol fare la Superlega può accomodarsi sul mercato, certo che eventuali abusi di eventuali posizioni dominanti verranno giudicati in maniera equa dagli organi preposti.
Come da qui si possa concludere che è stato affermato il diritto (???) di UEFA e FIFA a godere di un monopolio è per me misterioso. Ricordo a me stesso che per la Treccani
La disciplina della concorrenza costituisce un elemento essenziale dell’integrazione europea, in quanto deve consentire alle imprese di competere a parità di condizioni sui mercati di tutti gli Stati membri, assicurare la concorrenzialità dei loro prodotti e servizi sul piano mondiale, e al contempo tutelare nel modo migliore i consumatori europei. Le norme sulla concorrenza sono contenute negli artt. 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (corrispondenti agli art. 81-89, nella versione previgente del Trattato), che riguardano le normative nazionali in materia di attività d’impresa.
La politica di concorrenza è articolata su due aspetti principali: da un lato è previsto il controllo sul comportamento delle imprese in materia d’intese e concentrazioni, dall’altro si provvede alla limitazione degli aiuti di Stato ai produttori nazionali. L’attuazione della politica dell’UE in materia di concorrenza spetta alla Commissione europea, con riserva di controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell’Unione Europea. È obbligo degli Stati membri conformare la legislazione nazionale alla normativa dell’UE
Come si arrivi poi a dire che il parere sancisce (???) l’inviolabilità del modello europeo quando viene espressamente affermato il contrario, è ancor più incomprensibile. Non si tratta di difendere una delle due parti nel procedimento, ma solo di ragionare. Attività che è inibita anche dalla difficoltà di definire un ente che rappresenterebbe tre club ma si muove come potenziale organizzatore per una competizione semi-aperta che riguarderebbe molto più dei 10-15 club “fondatori”. Un ente che, peraltro, non ha dato una singola indicazione sulla reale natura del suo progetto. Che un’entità del genere pretenda che chi è detentore di quegli interessi legittimi non li difenda a priori o che a priori sia un’autorità politica a dichiararli illegittimi è davvero bizzarro. Gli imprenditori sono posti di fronte a scelte e rischi ogni minuto della loro vita; questi imprenditori però, paradosso dei paradossi, non riescono ad abbandonare la coperta di Linus della funzione sociale dello sport per giustificare le loro drammatiche performance economiche. Usano cioè proprio il mantra dogmatico attraverso il quale i loro avversari (ma siamo sicuri che lo siano?) difendono strenuamente la legittima, così la ritiene Rantos, posizione di potere. Il fatto poi che siano gli stessi imprenditori che hanno portato il settore allo stato attuale e che non ci dicano alcunché del business model della nuova competizione (al di là del lodevole aumento delle partite tra squadre “forti”) non aiuta a farsi delle idee sulla consistenza reale della pretesa Superlega. Rantos dice che livelli dilettantistici e professionistici non si possono dividere, perché i contributi di solidarietà provengono dall’attività di alto livello. Io credo che il ragionamento sia alquanto grossolano, perché parte dalla premessa, assolutamente non oggettiva, che l’attività di base sia finanziata in tutto o in gran parte dal vertice. Lui però, ancora una volta, si muove in un territorio legale ben delimitato, e il suo ragionamento a me pare chiaro, per quanto non condivisibile in alcune determinate parti.
Spero di non aver disturbato troppo il match tra juventini e non, tra Tebas e Perez/Laporta, tra poeti e aridi manager, tra amici della UEFA e quinte colonne di ESL, NBA, Spectre e CIA. Appuntamento alle prossime puntate, sperando che i derby siano finiti (ne dubito).
Grazie Flavio. Leggere ogni tanto un vero giornalista fa piacere. Ormai una rarità…
Grazie per le delucidazioni è bello leggere un parere tecnico non fazioso
Caro Flavio, è sempre un piacere leggere le tue parole illuminanti.
Ti auguro buone feste e ti ringrazio.
Come al solito, approfondimento spettacolare.
Grazie