ARTICOLO 37, REGOLAMENTO TECNICO
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Un fallo antisportivo è un contatto falloso di un giocatore che, a giudizio dell’arbitro, è:
- Non un legittimo tentativo di giocare direttamente la palla nello spirito e nell’intento delle regole.
- Un contatto eccessivo, duro causato da un giocatore in un tentativo di giocare la palla.
- Un contatto del difensore da dietro o lateralmente su un avversario in un tentativo di bloccare il contropiede e non c’è alcun avversario tra l’attaccante e il canestro avversario.
- Un contatto del difensore su un avversario in campo durante gli ultimi 2 minuti nel 4° periodo ed in ogni supplementare, quando la palla è fuori campo per una rimessa in gioco e ancora nelle mani dell’arbitro oppure a disposizione del giocatore incaricato della rimessa.
Gli arbitri devono interpretare i falli antisportivi coerentemente durante l’intero arco della gara, giudicando soltanto l’azione.
Può bastare la regola per esaurire il discorso sul fallo antisportivo? Non credo proprio. Il discorso torna d’attualità con l’inizio di una stagione, in Italia ed Eurolega, in cui la lettera non è cambiata ma si è cercato di fissare meglio alcuni criteri interpretativi. Trovate qui, qui e qui le istruzioni per decifrare il presente. Le discussioni di queste settimane verteranno soprattutto sui singoli episodi, e sull’applicazione a loro di quelle istruzioni. E’ giusto che sia così, si tratta della priorità assoluta. Solo che anche questa volta, temo, si arriverà a un punto in cui ci saremo confusi le lidee, le avremo confuse agli arbitri e tutti, superficialmente, si strapperanno le vesti. Forse, dico forse, converrebbe proporre per il futuro (non certo per l’immediato) una strada alternativa di costruzione della regola e della sua interpretazione, proprio per evitare a valle la selva interpretativa. Come sempre, per ragionare sul futuro è utile ricordare il passato.
L’antenato del fallo antisportivo si chiama(va) fallo intenzionale e nasceva con l’idea di punire i ripetuti falli commessi dalla squadra sotto nel punteggio a pochi secondi dalla fine nel tentativo di mantenere vive le proprie speranze di rimonta. La circostanza è utile per ragionare sul concetto di “ratio legis”, termine giuridico che per il dizionario significa “ragione, spirito della legge, motivo che sta alla base della lettera della legge”. Alla base della regola che sanzionava più pesantemente il fallo intenzionale rispetto agli altri stava l’esigenza di non far spezzettare troppo i finali di partita con litanie di tiri liberi. Parrebbe un obiettivo condivisibile di per sè, ma se andiamo un po’ oltre vediamo che confligge con un altro principio di interesse generale, cioè quello di dare a chi è sotto la possibilità di recuperare. Fase, quest’ultima, che da sempre rappresenta uno dei momenti belli del nostro sport. Siete disposti a sacrificare qualche minuto di tempo tra falli e tiri liberi per vedere ogni tanto una rimonta mozzafiato? A titolo personale io lo sono, e mi pare di capire che il legislatore abbia convenuto, scegliendo di privilegiare, tra due ratio confliggenti, la tutela della possibilità di rimonta, nell’interesse generale del Gioco.
Da molto tempo il fallo intenzionale è stato sostituito dal fallo antisportivo, la cui definizione prescinde totalmente dal concetto di volontarietà per concentrarsi sull’effetto che il contatto falloso procura. Eppure… Eppure la lettera della regola parla di TENTATIVO di giocare la palla (con quel che segue). Ora, io potrei tentare di giocare la palla ed essere così maldestro da dare l’impressione opposta (idem viceversa). Voglio dire, cercare di capire l’INTENZIONE con cui un giocatore si è mosso non è in senso generale così lontano dal provare a interpretare dal risultato del movimento del suo corpo quale sia il TENTATIVO posto in essere. Penso si possa convenire che in ognuna delle due situazioni SOLO chi ha commesso quel fallo può sapere al 100% cosa volesse fare, ma temo non ce lo venga a dire. A noi che siamo fuori, a partire dall’arbitro, non converrebbe forse partire dalla ratio legis invece che dalla lettera? Io credo proprio di sì.
Oggi, per tornare al discorso del fallo intenzionale che fu, non viene mai sanzionato un antisportivo in occasione di quei falli spesi da chi è sotto nel tentativo di recuperare. Eppure quei falli NON sono certamente fatti nel tentativo di giocare la palla, ma di fermare il cronometro. Parrebbe di capire che la chiave stia in quello “spirito e intento delle regole”. Cioè, si ritiene (e per quel nulla che conta sono d’accordo) che sia nello spirito del Gioco fare fallo quando sei sotto. Se chi lo subisce segna i suoi liberi bravo lui, altrimenti è accettabile che venga penalizzato, anche se così il brodo si allunga. Se sono stato vagamente chiaro, il problema mi pare quello di specificare due cose: 1) la già ripetutamente citata “ratio legis” e 2) la natura del contatto in termini tecnici. Nell’esempio che abbiamo fatto, la natura del contatto è quella di fernare il cronometro, sfidare ai liberi l’avversario e limitare comunque a 2 il massimo dei punti che può ottenere dalla lunetta. Accettabile? Se conveniamo sul “sì”, è poi logico che questo fallo NON sia sanzionato in maniera diversa dal normale, perchè rientra perfettamente nello spirito del Gioco.
Quindi, prima di sanzionare in maniera più pesante un fallo rispetto a un altro dovremmo in via preventiva definirlo come qualcosa che “merita” una punizione più severa per un solo motivo: lede quello spirito più dei falli normali. Aggiungo che deve esserci una proporzionalità diretta tra gravità di questa violazione e portata della sanzione. Avendo già scartato il fallo che si fa nel finale (che peraltro secondo la lettera della regola per come è scritta E’ oggi un fallo antisportivo) e lasciando perdere I falli più violenti del normale (criterio oggettivo e pacifico) io proverei a costruire una tabella con le diverse fattispecie di falli effettuati senza voler giocare la palla “candidati” a una sanzione più pesante. Una tabella, naturalmente, basata nell’ultima colonna su una mia valutazione del tutto personale.
FATTISPECIE | NATURA | RATIO LEGIS | SANZIONE |
Fallo per fermare un contropiede (davanti, lato o dietro, è uguale) | Ho paura di prendere un canestro e preferisco spendere un fallo | Provoco un danno alla spettacolarità del Gioco e mando un messaggio diseducativo per i giocatori, che così si abituano a non rientrare in difesa. | 1 tiro libero e possesso. Diventano 2 se non ci sono difensori alle spalle |
Fallo per evitare una schiacciata o lay-up | Scommetto sui tiri liberi piuttosto che concedere 2 punti sicuri | Siamo nella logica del Gioco | Fallo normale |
Sono battuto a difesa schierata e fermo l’avversario | Preferisco concedere un fallo che una penetrazione | Siamo nella logica del Gioco | Fallo normale (non lo è per la lettera dell’articolo 37) |
Contatto duro su un blocco | Voglio intimidire o punire il bloccante o il difensore | Sporco il Gioco, con possibile escalation della violenza | 2 liberi e possesso |
Fallo con palla non ancora rimessa in gioco | Non riesco o non voglio aspettare a difendere che la palla sia in gioco | Rallento troppo il Gioco, provocando un danno | 1 libero e possesso (sempre, perché solo negli ultimi 2 minuti?) |
Hacking | Scommetto sulle scarse percentuali ai liberi dell’avversario | Legittimo, ma solo fino a un certo punto | Regola NBA aggiornata a questa stagione |
Potrei essermi scordato qualche fattispecie, ma credo che queste siano le principali. Credo anche di averle definite in maniera da uscire da questioni come “intenzione” e “tentativo”, in modo da aiutare quelli che non leggono nel pensiero di chi commette il fallo. Perché invece di arrabattarsi su un concetto scivoloso come quello di “tentativo di giocare la palla”, insomma, non andiamo direttamente alla natura del contatto, giudichiamo la sua gravità e da qui facciamo discendere la sanzione? Una volta che abbiamo costruito la nostra tabella, basta fare un ragionamento, stabilire cosa si vuole ottenere dalla regola e quindi arrivare alla sanzione.
Insisto sul concetto di progressività perché oggi un atto di violenza non passibile di espulsione e un fallo compiuto non nel tentativo di giocare la palla vengono puniti con la stessa sanzione, ma mi sembra che il danno arrecato al Gioco sia tutt’altro che equivalente tra le due fattispecie. Natura e ratio legis mi sembrano un possibile punto da cui ripartire, possibilmente comunicandole in maniera chiara e diffusa. Alla fine, nell’NBA non mi pare ci sia un fallo del genere. Non si tratta di copiare pedissequamente gli americani, ma di ragionare sul fatto che anche loro sono certamente interessati a far fluire il contropiede. Solo che fanno prevalere il discorso, molto anglosassone, “tu hai 6 falli e se vuoi farne uno sono fatti tuoi”. Vogliamo fare diverso? Io ci starei, ma credo sia necessario restringere non già, come troppe volte si dice sbagliando, la discrezionalità, bensì lo spazio indefinito che è nemico della certezza del diritto.
Vi faccio un altro esempio. Quella che segue è la regola sul fallo tecnico:
Un fallo tecnico di un giocatore è un fallo di natura comportamentale che non implica
un contatto ed include, ma non è limitato, a:
- Ignorare i richiami effettuati dagli arbitri.
- Entrare a contatto in modo irrispettoso con gli arbitri, con il commissario, con gli ufficiali di campo o con il personale sulla panchina della squadra.
- Rivolgersi in modo irrispettoso agli arbitri, al commissario, agli ufficiali di campo o agli avversari.
- Usare un linguaggio o gesti tali da offendere o provocare gli spettatori.
- Innervosire un avversario o ostruirne il campo visivo agitandogli le mani davanti agli occhi.
- Agitare eccessivamente i gomiti.
- Ritardare il gioco toccando deliberatamente la palla dopo che la stessa è passata attraverso il canestro.
- Ritardare il gioco non permettendo di effettuare prontamente una rimessa in gioco.
- Cadere a terra per simulare un fallo.
- Aggrapparsi all’anello in modo tale che il peso del giocatore sia sostenuto dall’attrezzo, a meno che il giocatore non lo faccia momentaneamente dopo una schiacciata o, a giudizio dell’arbitro, stia cercando di evitare un infortunio a se stesso o ad un altro giocatore.
- Commettere (da parte di un difensore) un’interferenza sul tentativo di realizzazione durante l’ultimo o unico tiro libero. Deve essere assegnato 1 punto alla squadra in attacco, seguito dalla sanzione per il fallo tecnico addebitato al difensore.
Prendete il caso di un giocatore (come Agravanis contro il Real in Eurolega) che a gioco fermo strappa la palla dalle mani dell’avversario con un chiaro intento provocatorio senza che ci sia un contatto con il corpo dell’avversario. Ora mettete questo caso in parallelo con quello di un difensore che dopo il fischio dà un colpetto non duro all’avversario (De Nicolao sabato contro Sassari). Per via della frase evidenziata nel regolamento, nel primo caso si tratta di un fallo tecnico (1 libero e palla), nel secondo di un antisportivo (2 liberi e palla). Io ho un problema con questo, perchè per me la natura dell’iniziativa (un atto contrario allo spirito del Gioco che può produrre un’escalation) è identica tra i due casi. Se ragiono su natura e ratio legis per me i due contatti sono identici, e identica deve essere la sanzione, che a me pare debba essere quella del tecnico. Mi sa che dall’altra parte dell’Oceano devono aver ragionato così, perchè il regolamento NBA recita che:
Anyone guilty of illegal contact which occurs during a dead ball may be assessed (1) a technical foul, if the contact is deemed to be unsportsmanlike in nature, or (2) a flagrant foul, if unnecessary and/or excessive contact occurs.
Insomma, spero il punto sia chiaro: più tecnica e più metodo aiuterebbero tutti, dagli arbitri agli spettatori. Ci proviamo per il futuro?